Le privative industriali costituiscono certamente il principale strumento giuridico di enforcement e tutela delle creazioni di carattere industriale ed intellettuale. Considerato il loro ruolo preminente nell’ambito dell’IP, vediamo dunque quali sono e come si ottengono.

Privativa industriale: alcuni cenni introduttivi

Con la locuzione “privativa industriale”, o “esclusiva industriale”, si indentifica il principale strumento giuridico di enforcement e tutela delle creazioni industriali ed intellettuali.

Ciò che è importante comprendere quando si inizia ad affrontare il vasto tema delle privative industriali è la più generale ratio su cui riposa la disciplina di queste ultime.

I marchi, i brevetti, i modelli, il design ed il diritto d’autore per le opere dell’ingegno a carattere creativo (quali possono essere un film, un libro, una canzone) rappresentano, in un’ottica economica e molto spesso imprenditoriale, uno strumento economicamente rilevante e necessario per affermarsi in modi diversi ed operare sul proprio mercato o settore di riferimento.

Affinché ciò sia possibile, alla base di tutti gli elementi che compongono il variegato puzzle della proprietà intellettuale, e sopra riassuntivamente elencati, vi sono investimenti sia di natura economica, che non.

Da un lato si pensi agli investimenti pubblicitari che vengo fatti per affermare un marchio sul mercato, oppure a tutte le risorse che vengono investite nella ricerca farmaceutica per lo sviluppo di un nuovo farmaco. Dall’altro è sufficiente immaginare quale possa essere l’investimento economico necessario per elaborare un peculiare procedimento tecnico innovativo. Analogo discorso si può fare con le opere tutelate dal diritto d’autore pensando al cd. “sforzo creativo” che si cela dietro ad una composizione musicale od un libro.

È in questo contesto che la “privativa industriale” si traduce in un diritto di esclusiva che il legislatore riconosce in primo luogo a chi ha fatto tali investimenti. In sostanza si tratta di un diritto prismatico, ovvero che, a seconda della privativa, offre a sua volta un ventaglio peculiare di diritti, ma che può essere generalmente identificato come il diritto di opporsi a qualsiasi indebita interferenza, sfruttamento o appropriazione del proprio segno, della propria creazione o della propria opera.

La disciplina delle privative industriali si radica nel nostro ordinamento principalmente nel Codice della Proprietà Industriale (Dlgs. 10 febbraio 2005, n. 30 e successive modifiche) e, per quanto riguarda il diritto d’autore, nella Legge n. 633 del 1941. Vi sono poi diverse fonti dell’UE (Regolamenti e Direttive) che regolano le privative a livello europeo e, a livello internazionale, varie convenzioni e trattati.

Tratteggiato il perimetro e la più generale ratio gius-economica delle privative industriali, occorre ora capire nello specifico quali esse siano e come sia possibile ottenere questo tipo di tutela.

Le privative industriali: quali sono, in cosa consistono e come si ottengono?

Il marchio

Tra i segni distintivi, sicuramente quello che ha da sempre carpito una peculiare attenzione anche dai non addetti ai lavori è il marchio. Il marchio infatti rappresenta probabilmente la privativa industriale più conosciuta essendo lo strumento di tutela per eccellenza dei segni capaci non soltanto di distinguere i prodotti o servizi in ragione della loro provenienza imprenditoriale, ma anche di distinguere i prodotti di un’impresa da quelli delle concorrenti.

La tutela del marchio generalmente consegue al compimento di un atto formale: la registrazione.
Va sottolineato che in realtà è prevista altresì una tutela, seppur limitata e più debole, anche per il cd. marchio di fatto che, pur non essendo stato registrato, abbia acquisito una peculiare notorietà o sia da tempo utilizzato in una determinata zona (cd. preuso locale).

La registrazione può essere ottenuta in sede nazionale mediante – nel caso dell’Italia – domanda rivolta all’UIBM (Ufficio Italiano Brevetti e Marchi), oppure a livello europeo tramite domanda all’EUIPO (Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale).

Si può anche procedere alla domanda di registrazione di un marchio internazionale secondo una procedura presidiata dal WIPO (Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale) e che però postula la preesistenza di un marchio registrato in sede domestica o europea. La tutela giuridica – circoscritta ai relativi ambiti territoriali – che si ottiene mediante questi adempimenti formali dura dieci anni, ma è potenzialmente rinnovabile all’infinito. Tale protezione implica un diritto esclusivo sul marchio nel territorio di riferimento della tutela e permette al titolare di opporsi ad ogni indebito utilizzo o alla contraffazione dello stesso.

La registrazione di un marchio ha natura di accertamento costitutivo, ma allo stesso tempo ha un’efficacia precaria visto che è sempre soggetta, o assoggettabile, ad una valutazione della sua validità da parte dell’autorità giurisdizionale. Per tale ragione è di fondamentale importanza capire quali requisiti un marchio debba soddisfare per poter essere registrato e per mantenere nel tempo questa peculiare protezione giuridica.

In primo luogo il marchio deve essere nuovo, ovvero non contrastare con diritti acquisiti sul segno anteriormente da terzi. Si tratta tuttavia di un cd. impedimento relativo, ovvero sormontabile mediante il consenso dell’avente diritto.

Possiamo avere marchi denominativi (es. Coca Cola), figurativi (es. il biscione verde affiancato allo stemma di Milano nel segno della Alfa Romeo), misti (es. il marchio Alfa Romeo composto dall’immagine prima descritta e dalla scritta “Alfa Romeo”), musicali (es. i classici “jingle”), olfattivi (purchè non usati in relazione a profumi), di forma, ecc. ecc. Il requisito per eccellenza che tali segni devono possedere è la capacità distintiva.

Considerato infatti che la potenziale infinita rinnovazione del marchio potrebbe aprire ad un monopolio del titolare del marchio sul relativo segno, qualora non fosse imposto tale requisito, si correrebbe il rischio che un monopolio (ed una esclusiva) sulla parola/segno si potrebbe altresì tradurre nella pratica in un monopolio sul prodotto stesso (e dunque sulla attività produttiva medesima).

Pertanto non sono registrabili come marchi per carenza di distintività, ad esempio, le denominazioni generiche dei prodotti (es. si pensi ad un marchio “caffè” per il prodotto caffè) o tutti quei segni o termini che generalmente vengono usati per indicare provenienza geografica (es. si pensi ad un marchio “Sicilia” per dei limoni), qualità, specie o altre caratteristiche del prodotto cui il segno inerisce.

Discorso diverso vale invece per tali segni o termini qualora vengano usati con riferimento a prodotti o servizi con i quali non anno alcuna aderenza materiale o concettuale (es. la penna “Montblanc”).

Dunque tanto maggiore sarà la capacità distintiva di un marchio, tanto più “forte” sarà quest’ultimo e la relativa tutela. La distintività di un marchio inoltre è una caratteristica estremamente volatile, la quale può venire meno nel corso del tempo (cd. volgarizzazione del marchio) oppure può essere acquisita con il passare del tempo (cd. secondary meaning).

Infine il marchio deve essere lecito, ovvero non deve essere contrario alla legge, all’ordine pubblico, al buon costume e non deve essere ingannevole per il pubblico. È vietata inoltre l’utilizzazione come marchi di stemmi, bandiere o, comunque, di altri segni che siano confondibili con quelli tutelati da convenzioni internazionali (es. i cinque cerchi olimpici).

​I brevetti

Con il termine brevetto si identifica oramai nel linguaggio di tutti i giorni non solo l’atto amministrativo che incorpora la privativa stessa (banalmente, il documento con la descrizione e le rivendicazioni dell’invenzione), ma anche la relativa tutela giuridica e l’invenzione stessa.

La privativa brevettuale rappresenta la più antica tecnica di amministrazione giuridica dell’innovazione tecnologica, consegue ad una domanda di registrazione presso l’Ufficio competente analogamente a quanto già visto per il marchio – UIBM per l’Italia ad esempio – e comporta a favore del titolare una riserva esclusiva – di durata variabile a seconda del brevetto e non rinnovabile – di produzione, commercio e utilizzo industriale dei prodotti brevettati o del peculiare procedimento inventivo usato per ottenere un bene (ed i relativi beni ottenuti mediante tale procedura).

Esistono diversi tipi di privative brevettuali:

  • Il brevetto per invenzione: il brevetto per invenzione tutela tutte quelle che possono essere considerate come nuove ed originali soluzioni ad un problema tecnico non ancora risolto, suscettibili di una applicazione industriale. L’invenzione può da un lato consistere in un prodotto (cd. brevetto per invenzione di prodotto) come, ad esempio, la celebre “Moka”, dall’altro può consistere in un procedimento tecnico innovativo (cd. brevetto per invenzione di procedimento).​La tutela del brevetto per invenzione dura fino a 20 anni, non rinnovabili, decorrenti dalla data di deposito della domanda ed è soggetta, per tale periodo di tempo, al pagamento di una tassa annuale di mantenimento in assenza del quale la protezione offerta viene meno.
    Affinché un’invenzione possa formare oggetto di brevetto è indispensabile che questa sia nuova, ovvero che non sia già compresa nello stato attuale della tecnica e, in ogni caso, non sia già stata divulgata. Deve inoltre implicare una attività inventiva, ovvero non deve risultare, agli occhi di una persona esperta nel ramo, in modo evidente dallo stato attuale della tecnica. Infine deve essere suscettibile di applicazione industriale, ovvero deve poter essere fabbricata o utilizzata nell’ambito di una attività industriale.
  • Il brevetto per modello di utilità: con la locuzione “modello di utilità” si fa riferimento nelle parole del legislatore alla “forma nuova di un prodotto industriale, idonea a conferire al prodotto stesso una particolare efficacia o comodità di applicazione o di impiego”. Dunque in questi casi il trovato non consiste in una nuova soluzione ad un problema tecnico, ma in una innovazione tecnica che inerisce su aspetti marginali e/o esecutivi di un prodotto già noto e di cui costituisce un miglioramento funzionale (es. il famoso pallone “Tango” della Adidas, caratterizzato da 32 pannelli – 12 pentagonali e 20 esagonali – che garantivano una maggiore sfericità al pallone stesso). La tutela brevettuale, anche in questo caso, consegue alla presentazione di una domanda di registrazione, ma ha validità per 10 anni decorrenti dal deposito della domanda medesima. Se astrattamente sembra facile distinguere tra invenzione e modello di utilità, nella pratica la linea di demarcazione tra queste due categorie si assottiglia notevolmente. Per tale ragione è previsto l’istituto del cd. doppio deposito, con cui si permette di depositare simultaneamente per il medesimo trovato due domande di brevetto: una domanda di brevetto per invenzione, una domanda di brevetto per modello di utilità. In questo caso sarà poi l’UIBM a decidere a quale domanda dare seguito. Alla stessa finalità risponde anche la possibilità di modificare la domanda di brevetto – da invenzione a modello di utilità e viceversa – su invito da parte dello stesso Ufficio.

​Le varietà vegetali e la cd. “privativa varietale” (o “privativa per varietà vegetali”)

Le “nuove varietà vegetali” possono essere intese come le nuove specie vegetali ottenibili mediante diversi procedimenti quali incroci o selezioni, interventi su fattori genetici attraverso la biochimica, oppure per mezzo di procedure afferenti alla biotecnologia o all’ingegneria genetica (es. la varietà di mela “Cripps Pink”, meglio conosciuta come “Pink Lady” in virtù del marchio con cui viene commercializzata). Tali varietà sono soggette ad una specifica tutela sia nell’ordinamento italiano, che europeo, la quale generalmente prende il nome di “privativa varietale” o “privativa per varietà vegetali”.

Tale protezione consiste in un diritto esclusivo – cd. diritto del costitutore – di produrre e riprodurre la varietà, di commercializzarla, esportarla, importarla e di detenerla per gli scopi appena menzionati.

La privativa a livello italiano consegue al deposito di una domanda telematica all’UIBM o in forma cartacea alle Camere di Commercio. In Italia la durata della tutela è generalmente di 20 anni, salvo per le nuove varietà di alberi e viti per cui è di 30 anni.

La tutela a livello europeo si ottiene depositando invece la domanda presso l’Ufficio Comunitario delle Varietà Vegetali (UCVV) che ha sede ad Angers in Francia. Similmente all’operare delle varie privative a livello europeo, anche in questo caso, con il deposito a livello sovranazionale si ottiene la protezione in tutti gli Stati dell’Unione Europea che tuttavia, in questo caso, è di 25 anni, salvo per le nuove varietà di alberi e viti per cui è di 30 anni.

Perché tuttavia una nuova varietà possa essere registrata ed assoggettata alla protezione giuridica summenzionata deve possedere quattro requisiti. Deve essere in primo luogo nuova, ossia non deve essere già stata messa in commercio, prima della data di presentazione della domanda, da oltre 1 anno in Italia e da oltre 4 anni – 6 anni per le viti e gli alberi – in un altro Stato.

Deve essere inoltre dotata di distintività, ovvero essere capace di distinguersi da tutte le altre varietà attualmente note per una o più caratteristiche quali possono essere la maturazione od il colore ad esempio. Deve essere altresì omogenea, e dunque presentare i propri caratteri pertinenti e rilevanti in tutti gli esemplari che la compongono. Infine deve essere stabile, ossia mantenere costanti tali caratteri da un esemplare all’altro anche a seguito di riproduzioni, moltiplicazioni o cicli di esse.

​Il design: la tutela dei disegni e dei modelli

Il legislatore italiano – similmente è previsto anche a livello UE – ha disposto che può essere registrato come disegno e modello “l’aspetto dell’intero prodotto o di una sua parte quale risulta, in particolare, dalle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della struttura superficiale ovvero dei materiali del prodotto stesso ovvero del suo ornamento, a condizione che siano nuovi ed abbiano carattere individuale”. Dunque la tutela che viene offerta e che rientra sotto il cappello generale del “design” mira a proteggere quello che può essere indicato come l’aspetto esteriore o la forma di un prodotto.

Nella grande moltitudine dei casi, quando si pensa a un design, si fa inevitabilmente riferimento ad un oggetto o prodotto tridimensionale (es. una lampada, una sedia ecc.). Tuttavia la tutela del design copre anche quanto abbia carattere bidimensionale, come, ad esempio, le decorazioni, i disegni grafici o i caratteri tipografici.

Affinché si possa procedere alla registrazione di un design, e godere dunque di quel diritto di esclusiva che è proprio delle privative industriali, è necessario che siano soddisfatti due requisiti al momento della domanda. Il primo è quello della novità, in quanto i disegni o modelli non devono essere stati anteriormente divulgati da altri soggetti. Qualora il design sia stato precedentemente divulgato da parte dello suo “creatore”, tale circostanza non ne impedisce la registrazione a condizione che, entro i 12 mesi immediatamente successivi alla data di prima divulgazione, quest’ultimo provveda a depositare la relativa domanda di registrazione.

Il secondo è quello del carattere individuale, ossia il disegno o modello devono suscitare in un utilizzatore informato un’impressione generale diversa da quella suscitata da qualsivoglia altro modello o disegno in precedenza divulgato. Dunque la tutela, pur coprendo l’aspetto esteriore non postula una valutazione qualitativa e di merito sullo stesso.

A livello italiano la domanda deve essere depositata presso l’UIBM, mentre a livello europeo presso l’EUIPO. È possibile inoltre fare domanda di registrazione di un design internazionale – che prescinde dall’esistenza di un precedente design nazionale – rivolgendo la propria richiesta al WIPO (o a quest’ultimo per il tramite di un Ufficio nazionale quale l’UIBM). In tale ultimo caso la domanda può essere presentata da ogni cittadino o altra persona, anche giuridica, domiciliata, o avente uno stabilimento industriale/commerciale effettivo, in uno degli stati contraenti dell’Accordo dell’Aja concernente il deposito internazionale dei disegni o modelli industriali del 28 novembre 1960.

La durata della tutela è di 5 anni decorrenti dalla presentazione della domanda di registrazione del design. Si tratta di un termine rinnovabile fino al raggiungimento di un massimo di 25 anni.

La privativa che consegue alla registrazione comporta anche in questo caso un diritto di esclusiva che si declina nella possibilità di impedire a soggetti terzi non autorizzati l’utilizzo o impiego del design registrato.
Infine, similmente a quanto visto per il marchio, anche al design non registrato è riconosciuta una limitata tutela giuridica che in questo caso dura 3 anni dalla divulgazione.

​Il diritto d’autore

Con il diritto d’autore sono tutelate ai sensi dell’art. 1 della Legge sul diritto d’autore “le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione” oltre che i software e le banche dati. Si tratta di un elenco non tassativo e aperto, suscettibile di includere al suo interno tutte le opere che presentino i medesimi caratteri di fondo di quelle già incluse, così come avvenuto ad esempio per la fotografia o per gli stessi software.

Il diritto d’autore non richiede il compimento di alcuna formalità, quale la registrazione, ma sorge nel momento stesso in cui l’opera viene creata. È dunque soltanto necessario che l’opera non resti nella mente dell’autore, ma si estrinsechi in una forma percettibile. È da sottolineare tuttavia che in caso di violazione del diritto d’autore e dei diritti ad esso connessi, dovrà essere chi li invoca a dimostrare la paternità dell’opera o di essere titolare dei diritti su quest’ultima e ciò, stante l’informalità della privativa nella sua costituzione e vita, apre a notevoli difficoltà.

La tutela giuridica del diritto d’autore, funzionale a garantire in maniera quanto più ampia possibile all’autore il controllo sull’utilizzazione economica – ma non solo – dell’opera, si suddivide in:

  • Diritti patrimoniali, legati allo sfruttamento economico dell’opera: questi ultimi sono funzionali a garantire all’autore una partecipazione ai ricavi derivanti dall’utilizzazione della propria opera. Tra tali diversi diritti ricordiamo il diritto di riproduzione, il diritto di distribuzione, il diritto di noleggio e di prestito, i diritti di rappresentazione, esecuzione e recitazione, il diritto di diffusione radio/televisiva, il diritto di elaborazione e il diritto di seguito. La rilevanza economica di questo ventaglio di diritti tra loro indipendenti, deriva dal fatto che sono liberamente e singolarmente disponibili ed alienabili da parte dell’autore. La durata dei diritti di sfruttamento economica sull’opera riconosciuti all’autore (ed agli eredi) è di 70 anni dalla morte di quest’ultimo.
  • Diritti morali: all’autore sono riconosciuti inoltre il diritto di decidere se e quando pubblicare l’opera, il diritto alla paternità della stessa (ovvero principalmente il diritto di evitare che terzi attribuiscano a sé o ad altri l’opera stessa), il diritto all’integrità dell’opera (ovvero il diritto di opporsi e vietare ogni modifica della, o atto sulla, propria opera che possa pregiudicare il proprio onore o la propria reputazione) e, infine, il diritto di ritirare l’opera dal commercio – dietro indennizzo nei confronti di coloro che abbiano acquistato i relativi diritti – qualora vi siano alla base gravi ragioni morali (ad esempio nel caso in cui l’autore abbia mutato radicalmente le proprie convinzioni espresse nell’opera, tanto che la permanenza di quest’ultima in commercio costituirebbe un grave pregiudizio per i suoi interessi personali ed i suoi ideali). Tali diritti morali non sono soggetti a limiti di durata, sono inalienabili ed irrinunciabili.