L’innovazione nel settore legale è una necessità ed una sfida avvincente per chi come noi si relaziona quotidianamente con imprese, privati e contesti sempre più esigenti in termini di efficienza, di qualità del lavoro e di vicinanza effettiva alla realtà degli utenti e clienti. Per far questo, la tecnologia ed il coding sono strumenti fondamentali e, di fatto, sempre più addentro al mondo dei servizi professionali.

Il nostro compito, come avvocati, nei prossimi anni sarà quello di relazionarci sempre di più con aziende, Start-up, ideatori e sviluppatori per comprende e pianificare un cambiamento culturale ed organizzativo ed offrire uno sfruttamento appieno di queste nuove tecnologie.

Oggi nel mondo legale, soprattutto nel campo della proprietà intellettuale, i temi “caldi” sono fondamentalmente due: blockchain e smart contract.

La tecnologia blockchain

La tecnologia denominata “blockchain” è costantemente agli onori della cronaca finanziaria e anche politica. Se ne sente parlare in ambiti diversi, completamente eterogenei, spesso con riferimenti anche ai problemi giuridici connessi. Tuttavia, non esiste un vero e proprio testo di riferimento che riassuma le potenzialità e gli ambiti di applicazione che questa tecnologia può avere.

La definizione

Letteralmente la parola “blockchain” significa “blocchi concatenati” e, anche se non esiste un’unica definizione, è possibile immaginarla come una concatenazione di blocchi costituiti dall’insieme delle transazioni verificabili, con struttura verticale o ad albero, in grado di collegare diversi nodi (formati fisicamente dai server di ciascun partecipante), che vengono utilizzati dai soggetti per prendere parte alla decisione. Una delle caratteristiche fondamentali della blockchain è quella di essere equiparabile a un libro mastro in cui ogni operazione viene registrata nel sistema e non può essere in alcun modo cambiata, modificata o manomessa. In realtà̀, più̀ che di tecnologia sarebbe più̀ corretto parlare di un paradigma o, più in dettaglio, di un modo di interpretare un sistema ispirato alla decentralizzazione delle sue dinamiche e alla partecipazione di un numero di soggetti potenzialmente molto ampio. La grande versatilità̀ del sistema spiega perché esistano diverse definizioni e spiegazioni di “blockchain” che dipendono anche dall’utilizzo.

La blockchain è un database di transazioni: “La Blockchain è una tecnologia che permette la creazione e gestione di un grande database distribuito per la gestione di transazioni condivisibili tra più̀ nodi di una rete.

La vera innovazione, però, è rappresentata dal passaggio dal concetto di “decentralized ledger” a quello di “distributed ledger”: questo è il punto che più caratterizza l’avvento della tecnologia blockchain. Il concetto di un libro mastro distribuito in copie uguali di informazioni a una moltitudine di persone (chiunque possegga una chiave criptografica può partecipare a una blockchain pubblica) consente di evolversi in una nuova logica di governance, un  nuovo contesto in cui non esiste più la possibilità che prevalga un’unità sulle altre (come le autorità centrali su quelle locali). La logica primaria diventa invece quella della fiducia tra tutti i soggetti: il processo decisionale passa attraverso la costruzione del consenso tra tutti i partecipanti, ognuno dei quali ha le stesse informazioni degli altri.

Qual è il ruolo che la Blockchain ha e avrà sulla Proprietà Intellettuale (PI)?

La struttura della blockchain consente di tenere traccia di quasi ogni cosa. Pertanto, potrebbe essere usata per avere una prova della creazione di un diritto di Proprietà Intellettuale che sia sicura e cronologicamente certa, per tracciare la distribuzione di prodotti, per archiviare documenti e diritti di proprietà intellettuale. Uno dei principali componenti di questa tecnologia è l’altissimo grado di crittografia che rende la “catena” un posto sicuro dove depositare e salvaguardare i propri beni e diritti.

Un registro basato sulla Blockchain

Una delle implementazioni più evidenti di questa tecnologia vede la blockchain assumere il ruolo di registro di diritti di PI, registrati e non registrati.

Nel primo caso, la blockchain potrebbe semplicemente sostituire i tradizionali registri di marchi e brevetti. Si prevede che il sistema di questi ultimi sarà profondamente influenzato dalla rivoluzione blockchain. Sebbene molti aspetti e funzioni siano ora disponibili online e digitalizzati, non sono stati apportati cambiamenti significativi alla struttura di tale sistema. L’assenza di una procedura unitaria a livello mondiale per ottenere un brevetto ha causato una frammentazione del sistema. Oggi esistono diverse alternative che consentono di proteggere le proprie invenzioni in più di un paese con una singola applicazione, ma la complessità rimane anche, e soprattutto, in termini di costi.

L’European Parliament Research Service ha sottolineato che i due aspetti principali che possono essere fondamentali nel sistema dei brevetti sono i concetti di “hashing” e di “prova dell’esistenza”. Ciò offre l’opportunità di registrare pubblicamente un documento (il brevetto) senza rivelarne il contenuto.

Sono molte le inefficienze che potrebbero essere eliminate, a cominciare da una sensibile riduzione delle controversie legali e da una maggiore certezza del documento. Tuttavia, dobbiamo tenere in considerazione che la pubblicazione di brevetti attraverso la procedura di divulgazione è fondamentale per la promozione dell’innovazione: i concorrenti sono spinti a sviluppare alternative e gli inventori sono ispirati alla tecnica precedente.

In relazione a diritti di PI non registrati, invece, l’utilizzo di blockchain potrebbe fornire trasparenza ai titolari del copyright.

Soprattutto in quest’ultimo caso, è difficile dimostrare di essere il reale proprietario dell’opera creativa. Il risultato è che molto spesso gli autori non sono in grado di impedire le violazioni e di guadagnare dal loro lavoro. Una soluzione a ciò potrebbe essere registrare il lavoro sulla blockchain in modo che venga concesso un certificato digitale di autenticità.

Questa funzionalità è applicabile anche nel mondo dei marchi, poiché un’azienda potrebbe registrare il proprio marchio sulla catena e quindi, grazie ad un algoritmo, sarebbe possibile trovare tutti i marchi simili.

In entrambi i casi, i vantaggi sono sotto gli occhi di tutti: riduzione dei costi di registrazione, grazie ad una procedura più breve, e delle controversie legali.

La blockchain sembra quindi un modo perfetto per fornire una protezione aggiuntiva a creatori ed inventori.

Smart Contract: l’applicazione tecnologica del contratto

La Blockchain può influenzare il mondo dei diritti di proprietà intellettuale anche indirettamente, dal momento che è anche la tecnologia alla base dei cd. smart contracts, o “contratti intelligenti”. Tale funzionalità non cambierà solo il mondo IP, ma più in generale il mondo dei contratti.

Non esiste una definizione univoca di smart contract, un termine che oggi viene associato alla tecnologia “blockchain”, ma che è stato in realtà oggetto di studio già dagli anni ʻ90. Prima ancora che si parlasse di contratti intelligenti, inizia a essere diffusa la pratica del cosiddetto “assemblaggio di documenti legali”. Il passo precedente agli smart contract è proprio l’esistenza di alcuni software che possono assemblare i documenti legali. Il risultato che si voleva raggiungere era quello di ridurre al minimo l’immissione di dati, ridurre il tempo speso per la redazione dei documenti e ridurre al minimo l’errore umano. Il software utilizzato per l’automazione dei documenti estrae le informazioni giuridiche attraverso un questionario che viene generato dal sistema stesso, che, poi, restituisce il documento agli utenti. Con il passare del tempo sono stati utilizzati software sempre più avanzati, fino ad arrivare a parlare di “contratti intelligenti”.

Le definizioni che sono state date sono molteplici e mettono in luce lʼaspetto “smart”, costituito proprio dalla sua capacità di autoeseguirsi senza il bisogno di intermediari. Il concetto è stato per la prima volta discusso da Nick Szabo, scienziato informatico, studioso di diritto e crittografo, che, nel suo lavoro risalente al 1994, definisce gli smart contract come “protocolli di transazione informatizzati, che eseguono i termini di un contratto”. Più precisamente, Nick Szabo suggerì che traducendo clausole contrattuali in codici e incorporandole in hardware o software in grado di auto applicarle era possibile ridurre al minimo la necessità di intermediari tra le parti e il verificarsi di eccezioni dannose o accidentali.

Tenendo presente ciò che è stato detto in precedenza sulla blockchain e il suo enorme potenziale come strumento di archiviazione sicura di documenti, contenuti digitali e, possibilmente, diritti, possiamo finalmente dare una definizione di “contratto intelligente” più calzante alla presente: “un “contratto intelligente” è un pezzo di codice che è memorizzato su una blockchain, attivato da transazioni blockchain, e che legge e scrive dati nel database della blockchain”.

Pertanto, la blockchain, abilitando questa tecnologia, potrebbe anche indirettamente influenzare le imprese, le transazioni e le leggi, in particolare il sistema di proprietà intellettuale.

Quali sono i possibili utilizzi dello smart contract?

Gli smart contracts possono essere utilizzati nella vendita di contenuti digitali e nella concessione di licenze per i diritti di PI. Al giorno d’oggi, molti spesso finiscono per usare una copia illegale di un’opera, invece di una copia legalmente ottenuta tramite licenza. Queste ultime sono difficili da ottenere e, soprattutto, nella maggior parte dei casi, molto costose.

I “contratti intelligenti” possono risolvere questo problema facilitando legalmente l’uso di un marchio o la concessione di una licenza: i termini del contratto sono pre-formulati al fine di ridurre ed eliminare costi ed intermediari, fornendo un collegamento diretto tra gli utenti e l’autore.

La caratteristica interessante degli smart contracts è che a questi possono essere associati anche dei a micro pagamenti. L’autore assegnerà un indirizzo bitcoin al suo lavoro per consentire agli utenti di effettuare un piccolo pagamento per l’utilizzo del contenuto. Questo è il motivo per cui il collegamento diretto è così importante: il creatore può essere pagato senza dover pagare i tradizionali intermediari.

L’applicazione di questa tecnologia è già realtà in alcuni settori, in particolare quello musicale, che è uno dei più colpiti dal fenomeno della pirateria. Ma le cose stanno cambiando: con il tempo gli utenti saranno in grado di acquistare licenze per sfruttare una canzone, o scaricarla legalmente, attraverso un smart contract che fornisce un compenso automatico e diretto agli autori.

Il nuovo Decreto Semplificazioni: L’Italia si apre alla “Blockchain-friendly”

È dell’11 febbraio scorso la legge n. 12 di conversione del decreto legge 14 dicembre 2018, n. 135, recante disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione.

La legge, che al suo interno contiene la disciplina di argomenti eterogenei, ha attirato l’attenzione della cronaca per l’aggiunta di un articolo 8-ter rubricato “Tecnologie basate su registri distribuiti e smart contract”, il quale provvede a definire le tecnologie basate su registri distribuiti e gli smart contracts, ed a conferirvi alcuni effetti giuridici.

Con la presente norma, dunque, il legislatore ha chiaramente voluto stimolare l’innovazione, definendo gli smart contracts e prevedendo precisi effetti giuridici, cercando di evitare valutazioni discrezionali in favore della certezza giuridica.

Emergono, tuttavia, dei profili critici che si possono riassumere in tre punti fondamentali: l’imprecisione delle definizioni; la superfluità di alcune norme a fronte dell’applicabilità del regime giuridico attuale; il rischio di frenare, piuttosto che accompagnare, lo sviluppo delle applicazioni che adottano tali tecnologie.

In definitiva, la rivoluzione blockchain è iniziata e, per ora, non sembra essere soggetta a battute d’arresto.

Improvvisi passi in avanti però, se non adeguatamente accompagnati dall’armonizzazione con il panorama giuridico europeo ed italiano vigente, rischiano di produrre risultati insperati, o poco significativi.