Ci siamo già occupati in questa sede delle possibili forme di tutela delle fragranze e dei profumi. Ma cosa dire invece di un’altra caratteristica di alcuni prodotti, il loro sapore. Quale forme di tutela sono ipotizzabili?

UNA NUOVA FRONTIERA: MARCHI GUSTATIVI? 

Pacifico che l’elencazione di cui all’art 2 reg. UE abbia un carattere meramente esemplificativo e che, pertanto, possano essere suscettibili di registrazione come marchi di impresa anche altre entità rispetto a quelle elencate dalla disposizione normativa – naturalmente ferme le condizioni di legge -, chef ed imprenditori del settore del food hanno ipotizzato una tutela dei sapori come marchi d’impresa.

In fondo, se era stata ammessa – seppur con le dovute cautele – la registrazione di fragranze come marchi d’impresa, non si vedeva perché i sapori avrebbero dovuto essere esclusi.

Tuttavia, la possibilità di registrare sapori come marchi ha incontrato alcune barriere all’ingresso  di fronte all’incapacità di rinvenire una rappresentazione del sapore che detenesse i caratteri di chiarezza, precisione, oggettività, facilità di accesso, intellegibilità e durevolezza (requisito imposto dal legislatore per poter permettere a terzi – autorità competenti, pubblico dei consumatori e altri operatori economici – di individuare con esattezza l’oggetto della tutela conferita attraverso il marchio), nonché all’improbabilità che un gusto potesse essere percepito dai consumatori come indicatore di provenienza aziendale.

EUROPA – AMERICA: DUE RECENTI SENTENZE PER SAPERNE DI PIU’.

Emblematica in materia è la decisione resa nell’ambito del caso R120/2001-2, in cui la Commissione di Ricorso ha confermato la correttezza della decisione dell’esaminatore EUIPO di rigetto della domanda di registrazione di marchio gustativo recante la descrizione “the taste of aritificial strawberry flavour” presentata dall’azienda farmaceutica Eli Lilly, ritenendolo non conforme ai requisiti di sufficiente rappresentazione e idoneità a distinguere di cui all’articolo 7(1) lett. (a), (b) e (c).

Un gusto infatti difficilmente avrebbe potuto indicare ai consumatori l’origine imprenditoriale del prodotto (nel caso di specie, per preparazioni farmaceutici) poiché, con molta probabilità, sarebbe stato percepito da essi come mero escamotage per mascherare il gusto sgradevole del prodotto.

Ad un’analoga conclusione è pervenuta nell’ottobre 2015 anche la Corte distrettuale del Texas che ha escluso la sussistenza di diritti di privativa sul gusto della pizza.

Nel caso specie, la Corte ha rigettato le accuse della New York Pizzeria, Inc. rivolte alla catena di ristoranti Gina’s Italian Kitchen di violazione dei suoi diritti di privativa per l’indebita riproduzione del gusto tipico della pizza a lei riconducibile, e riprodotto mediante l’utilizzo dei medesimi fornitori, ricette e dei documenti privati dell’attrice (a cui la catena di ristoranti – fondata da un ex presidente della New York Pizzeria, Inc  – aveva avuto accesso sottraendo alla New York Pizzeria alcuni dipendenti).

Secondo la New York Pizzeria, il gusto della sua pizza, distinguendosi da quello delle pizzerie concorrenti, sarebbe stato idoneo ad essere tutelato come marchio gustativo (nel caso di specie, di fatto).

Pur respingendo le domande attoree, la Corte Americana ha tuttavia ammesso la possibilità che il sapore di un prodotto possa essere registrato come marchio (così come accade per altri i marchi c.d. non-tradizionali – ex. colori, suoni e forme), sottolineando tuttavia la necessità che tali segni gustativi assumano preliminarmente al deposito un secondary meaning che possa rendere il sapore indicatore d’origine del prodotto.

Nel caso di specie, a contrario, il gusto della pizza rivendicato dalla New York Pizzeria, Inc. avrebbe avuto carattere meramente funzionale e, come tale, non ammissibile alla tutela propria dei marchi d’impresa.

NUOVA SENTENZA UE:  TIMIDE SPERANZE PER CHEF E PRODUTTORI DI ALIMENTI? 

Esclusa la possibilità di tutela dei sapori come marchi d’impresa, per gli chef e i produttori di alimenti che desideravano proteggerne il gusto dei loro prodotti è giunta nel novembre scorso una nuova stoccata da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea all’esito del giudizio C-310/17.

La Corte, infatti, adita in via pregiudiziale dalla Corte di appello d’Arnhem-Leeuwarden (Paesi Bassi), in relazione ad una controversia nata tra le aziende dell’industria alimentare Levola Hengelo B.V., produttrice di un formaggio spalmabile con panna ed erbe aromatiche (l'”Heksenkaas“) e cessionaria dei diritti di sfruttamento economico su di esso cedutile da un commerciante olandese, e la Smilde Foods B.V., accusata di produrre un formaggio dal medesimo sapore in violazione ai diritti della prima, ha dichiarato che una normativa nazionale non può essere interpretata in modo da conferire a un tale sapore una tale tutela.

Con decisione del 13 novembre 2018, la Corte ha infatti evidenziato che affinché un’entità possa essere tutelata ai sensi della normativa del diritto d’autore, essa deve essere qualificabile come “opera” ai sensi della direttiva 2001/29 sulla tutela del diritto d’autore e dei diritti connessi, così come definite dall’art 2 paragrafo 1 della Convenzione di Berna.

Se il sapore di un alimento, ha proseguito la Corte, può, da una parte, rientrare in tale categoria, potendo essere una creazione originale frutto di un’attività intellettuale ed essere qualificabile come “un’espressione“, dall’altra esso manca dei caratteri di precisione ed obiettività che rendano sapore identificabile con sufficiente precisione.

Come già rilevato in tema di marchi d’impresa, infatti, affinché un’opera possa essere oggetto di protezione è necessario che garantire a terzi di individuarne l’esatta portata.

Riprendendo le parole della Corte, “L’identificazione del sapore di un alimento, invece, a differenza di un’opera letteraria, pittorica, cinematografica o musicale, la quale è un’espressione precisa e obiettiva, si basa essenzialmente su sensazioni ed esperienze gustative soggettive e variabili, in quanto dipendono, in particolare, da fattori connessi alla persona che assapora il prodotto in esame, come la sua età, le sue preferenze alimentari e le sue abitudini di consumo, nonché l’ambiente o il contesto in cui tale prodotto viene assaggiato.”  

Osta quindi alla qualificazione del sapore di un alimento come un’opera, l’instabilità e il carattere soggettivo dell’esperienza gustativa.

IN CONCLUSIONE: IL GUSTO E’ TUTELABILE? 

In conclusione, pertanto, anche a voler ammettere un rilievo distintivo di un gusto, la possibilità di proteggere i sapori con le forme del diritto industriale o intellettuale rimane, ad oggi, ancora esclusa in mancanza di una tecnologia che permetta di fornirne una puntuale rappresentazione.

UN NUOVO EVENTUALE SCENARIO

Forse una tutela indiretta dei sapori si potrà ottenere tramite la protezione delle ricette… ma questa è un’altra storia…