La Denominazione di origine controllata, DOC, rappresenta un valore aggiunto per l’economia italiana. Attraverso tale etichetta è possibile proteggere ed esportare prodotti nazionali all’estero. Vediamo cosa significa esattamente.

Da sempre l’uso del nome geografico ha attratto curiosi e cultori del vino e l’uso del nome geografico per indicare il vino risale alle più antiche civiltà: già sulle antiche anfore, accanto al nome del proprietario e l’annata, veniva scritto il nome del luogo di produzione.

DOC, ovvero denominazione di origine controllata, è una sigla storica: i primi prodotti sono stati riconosciuti già nel 1966 e la prima legge in materia ho già compiuto 50 anni (D.P.R. 930/1963). Le denominazioni di origine rappresentano un valore aggiunto da poter spendere sia in etichetta sia da monetizzare eh hanno rafforzato la nostra esportazione, che rappresenta il 51% della produzione di vino italiana, pari a ben 4,4 miliardi di euro, la voce più grande dell’export alimentare italiano ed essenziale per il nostro PIL..

Denominazione di origine controllata: cosa significa?

Le Denominazioni di Origine Controllata, note con l’acronimo DOC, sono denominazioni utilizzate in enologia per indicare e certificare un vino di qualità le cui caratteristiche sono attribuibili alle peculiarità della zona di produzione, ad esempio la natura dei terreni, il vitigno, la sua particolare esposizione e ai particolari metodi di produzione utilizzati (sistemi di agricoltura, potatura, vinificazione ed invecchiamento del vino). Tale riconoscimento è solitamente attribuito a vini prodotti in zone di piccole o medie dimensioni.

In Italia, attualmente ci sono oltre 300 vini con classificazione DOC, la maggior parte dei quali in Piemonte. Sono DOC ad esempio “Barbera d’Alba”, “Barbera d’Asti”, “Moscato d’Asti”, “Freisa di Chieri”, “Cannonau di Sardegna”, “Pignoletto”, “Est! Est!! Est!!! di Montefiascone”, “Primitivo di Manduria” e molti altri.

Queste denominazioni non sono marchi di impresa in quanto non individuano l’origine imprenditoriale di un determinato prodotto, ma ne certificano la qualità: DOC e marchio d’impresa possono pertanto coesistere sulla medesima bottiglia di vino: l’una ne indicherà la qualità, l’altro il produttore/imbottigliatore.

Per poter ottenere il riconoscimento di una Denominazione di Origine Controllata, i produttori devono farne richiesta alla regione di appartenenza che effettuerà gli opportuni accertamenti sulla corrispondenza tra la denominazione e le particolari caratteristiche invocate. Se gli organi tecnici della Regione esprimono parere favorevole, la domanda viene trasmessa al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. 

Il riconoscimento ufficiale della DOC avviene tramite Decreto del Presidente della Repubblica all’interno del quale vengono anche definiti i parametri del disciplinare di produzione, che sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

Il disciplinare definisce i requisiti che il vino deve detenere per potersi fregiare della DOC e ovvero:

  •  la zona geografica di produzione;
  • il vitigno;
  • la tipologia del terreno di coltivazione dell’uva;
  • la resa dell’uva in vino (per evitare un eccessivo sfruttamento della vite);
  • le tecnologie di produzione e di invecchiamento utilizzabili;
  • le caratteristiche che dovrà avere il prodotto finito (acidità, estratto secco, gradazione alcolica minima, peculiarità organolettiche)
  • le eventuali qualificazioni del vino al momento della commercializzazione.

In fase di commercializzazione, infatti, alcuni vini DOC possono poi riportare in etichetta le seguenti indicazioni aggiuntive:

  • “classico” per i vini prodotti nella zona di più antica tradizione (nell’ambito del territorio delimitato dal disciplinare);
  • “riserva” per i vini sottoposti ad un invecchiamento più lungo del normale;
  • “superiore” per i vini con caratteristiche migliori (dovuto al buon andamento climatico dell’annata che ha permesso di raggiungere una concentrazione zuccherina più alta e quindi una maggiore gradazione alcolica).

I produttori che vogliano i loro vini con una DOC dovranno sottoporli ad una preliminare analisi chimico-fisica e ad un esame organolettico (ovvero relativo al colore, profumo, sapore, etc..) che ne verifichi il rispetto dei requisiti previsti dal disciplinare, il mancato rispetto dei quali ne impedirà la messa in commercio con la dicitura DOC.

Denominazione di origine controllata DOC E DOCG

Quando invece un vino coperto da una DOC abbia acquisito particolare pregio per le sue caratteristiche e per il successo commerciale ottenuto, ad esso si attribuisce una DOCG ovvero una Denominazione di Origine Controllata e Garantita. L’attribuzione di DOCG è riservata ai vini già riconosciuti come denominazione di origine controllata (DOC) da almeno cinque anni.

Tuttavia non tutti i vini DOC diventano DOCG al trascorrere del tempo, ma solo quelli ritenuti di particolare pregio e di notorietà nazionale e internazionale per l’effetto di tradizionali fattori naturali, umani e storici. (art 8.5)

La DOCG è la massima qualificazione presente nel settore e i vini DOCG sono sottoposti a controlli più severi e ad un doppio esame: sia in fase di produzione, sia in fase di imbottigliamento.
Superata la prova vengono rilasciati al produttore speciali sigilli in filigrana, stampati dall’Istituto Poligrafico dello Stato e rilasciati dalla Camera di Commercio o dal Consorzio di Tutela agli imbottigliatori, in numero limitato secondo il quantitativo di ettolitri prodotto, e da apporre su ogni bottiglia in maniera tale da rompersi in fase di apertura.

Lo sono ad esempio “L’Aglianico del Vulture Superiore”, il “Barbaresco”, il “Brunello di Montalcino”.
Norme specifiche vi sono anche in materia di recipienti: per l’imbottigliamento di vini DOC e DOCG è necessario utilizzare recipienti di foggia tradizionale che rispetti il consolidato uso, in vetro, cristallo, porcellana o legno e di una capacità massima di cinque litri. È vietato l’utilizzo di materiali diversi. La chiusura deve essere effettuata con tappi di sughero o altro materiale atto ad assicurare la buona conservazione del prodotto ed a salvaguardare l’immagine dello stesso; le chiusure ad avvitamento debbono essere espressamente consentite da ciascun disciplinare di produzione.

Oggi le DOC sono disciplinate dal decreto legislativo 8 aprile 2010 n. 61 riguardante la tutela delle Denominazioni di origine e delle Indicazioni geografiche dei vini (ed emanato in virtù degli obblighi comunitari) e che ha tacitamente abrogato dalla Legge n. 164/92 e dal D.P.R. n. 348/94 in materia di DOC.

L’Art 1 del decreto 61/2010 ha introdotto le nuove definizioni di vini DOP e vini IGP che si distinguono per il loro maggiore o minore legame con il territorio e la cultura e le tradizioni del territorio stesso da cui provengono. La classificazione dei vini di qualità è pertanto divenuta uguale a quella di tutti gli altri prodotti a Denominazione d’origine protetta, e a Indicazione geografica protetta, abolendo di conseguenza tutto il nostro sistema dei vini a DOC, a DOCG costruito dalla legge 164 ora abrogata.

La legislazione Europea, invece, non ha mai conosciuto la dicitura DOC, utilizzando invece la diversa dicitura di “vino di qualità” per riferirsi a vini le cui peculiarità derivassero dalla

  • delimitazione della zona di produzione;​
  • tipo di vitigno;
  • pratiche colturali;
  • metodi di verificazione

Tuttavia, sarà possibile continuare a fregiarsi della DOC italiana da sola o congiuntamente alla corrispondente espressione europea DOP e IGP, come menzione specifica tradizionale.

Denominazione di origine controllata e Marchi di certificazione

Marchi di certificazione sono segni distintivi che svolgono principalmente la funzione di garantire particolari caratteristiche qualitative di prodotti e servizi di più imprese e serve a contraddistinguerli per la loro specifica provenienza, natura o qualità. Essi possono consistere anche in indicazioni descrittive della provenienza geografica dei prodotti, salvo ciò non determini una situazione di ingiustificato privilegio o rechi pregiudizio allo sviluppo di altre analoghe iniziative in quella stessa regione.

Mentre i marchi di certificazione possono essere richiesti da qualsiasi persona persona fisica o giuridica, istituzione, autorità ed organismo accreditati in materia di certificazione, una domanda per il riconoscimento di una DOC (come anche le altre certificazioni di origine, come le DOP, IGP, MTV) può essere presentata, di norma, esclusivamente da una organizzazione che riunisca tutti gli operatori interessati che trattano il medesimo prodotto.

I marchi di certificazione sono poi retti da un regolamento d’uso di fonte privatistica o comunque redatto ad hoc dal soggetto che ne chiede la registrazione, le DOC, invece, sono regolamentate da un disciplinare contenuto in un provvedimento normativo generale.

Il soggetto che ottiene la registrazione di un marchio di certificazione poi ne può concede o meno l’uso a coloro che facciano domanda; le DOC/DOP/IGT possono essere invece utilizzate autonomamente da tutti gli operatori economici che ne rispettino il disciplinare di produzione.

Denominazione di origine controllata e Marchi collettivi

Diversi sono anche i marchi collettivi i quali sono invece segni distintivi che svolgono principalmente la funzione identificare la provenienza di prodotti o servizi da certe imprese tra loro associate o consorziate. Sono richiedibili da qualunque soggetto pubblico o privato, individuale o collettivo e sono retti da un regolamento di fonte privatistica.