Sono passati circa due anni, contrassegnati da difficili negoziati, ma alla fine il Parlamento europeo si è espresso con 348 voti a favore (247 i no e 36 gli astenuti) della tanto attesa riforma del Copyright.

Una direttiva che inevitabilmente cambierà il mondo del Web e che ora, per la sua attuazione, attende solo l’ultimo passaggio legislativo: quello formale al Consiglio UE e poi diventerà legge.

La nuova misura, in sostituzione di quella precedente del 2000,  estende l’applicazione del diritto d’autore anche alla piattaforme online (quali Facebook, Google News e Youtube) e mira a fissare a livello europeo delle linee guida per lo sfruttamento economico delle opere dell’ingegno. Ciò consentirà quindi ai titolari dei diritti (editori di notizie, artisti e musicisti) di negoziare accordi migliori sulla remunerazione che deriva dall’utilizzo delle loro opere presenti sulle piattaforme online.

Il verdetto è giunto al termine di un intenso dibattito tra esperti di diritto, big del Web e gruppi editoriali.

Due gli articoli al centro del dibattito: cosa cambia? 

In particolare sono due gli articoli contestati della direttiva:

Articolo 15 (ex articolo 11)

Ribattezzato, “Tassa sui link”, l’articolo 15 riguarda i cosiddetti snippet: gli editori dovranno chiedere agli aggregatori come Facebook o Google un congruo pagamento per l’utilizzo di un loro testo protetto da copyright, anche se si tratta solo di brevi frammenti o link di rimando. Inoltre, è previsto che saranno i giornalisti stessi a beneficiare della remunerazione che deriva da tale obbligo.

Articolo 17 (ex articolo 13)

L’articolo 17, invece, prevede l’obbligo per le piattaforme di condivisione online (Google e Youtube in testa) di usare dei filtri per impedire la pubblicazione di contenuti protetti da copyright, ribadendone la responsabilità. In pratica significa che i giganti della Rete saranno direttamente responsabili delle copie e degli spezzoni pirata caricati dagli utenti.

Pertanto piattaforme online come Google, che fino a questo momento si è “difesa” dicendo che la piattaforma si limita solo ad indicizzare, ora che la direttiva è stata approvata risponderà in toto anche sui contenuti che, prima di essere caricati online, dovranno essere sottoposti ad una sorta di controllo.

In realtà non è un “filtro” sistematico, ma solo una responsabilizzazione delle grandi piattaforme che dovranno quindi impegnarsi a rimuovere tutti i contenuti illeciti e prevenirne la loro futura pubblicazione.

Chi è esente dalla normativa?

Esentate dalla normativa sono le società con meno di 10 milioni di euro di fatturato l’anno e 5 milioni di utenti mensili, le enciclopedie online come Wikipedia, le piattaforme open-source, i siti di musei, biblioteche, materiali didattici.

Tutela anche per le Startup

Una tutela specifica è prevista anche per le startup. Le piattaforme esistenti da meno di 3 anni saranno soggette a obblighi meno gravi rispetto a quelli previsti per i giganti del Web.