I giudici del Tribunale di Milano si sono nuovamente espressi sul difficile tema della portata della responsabilità dell’ISP (internet service provider).

Il Tribunale di Milano nel luglio del 2017 si era già pronunciato sull’ammissibilità di una richiesta di inibitoria che si estendesse non al solo nome a dominio (ad esempio www.xxx.net) ma anche a “tutti i siti aventi il nome a dominio utilizzato come nome a dominio di secondo livello indipendentemente dal top level domain adottato” (e pertanto anche a domini come www.xxx.com, www.xxx.org, www.xxx.it), i cosiddetti siti “alias”.

Nell’aprile di quest’anno, invece, i giudici sono stati chiamati a pronunciarsi sulla possibilità di emettere un provvedimento che includesse tutti i siti che – indipendentemente dal nome di dominio di secondo livello adottato – riconducessero al medesimo contenuto illecito.

Nel caso di specie il Tribunale di Milano, nell’ambito del procedimento promosso da Arnoldo Mondadori SpA ha ordinato a Fastweb SpA, Telecom Italia SpA, Tiscali Italia SpA, Vodafone Italia SpA e Wind Tre SpA in qualità di service provider, di adottare “le più opportune misure tecniche al fine di impedire l’accesso ai medesimi contenuti illeciti, sia attraverso il nome a dominio Italiashare.net che attraverso i siti “alias”, raggiungibili attraverso qualsiasi altro nome a dominio“.

Una diversa pronuncia che avesse circoscritto l’ordine inibitorio ad un solo determinato nome a dominio sarebbe stata inutiliter data, considerato che, in breve tempo, l’autore dell’illecito aveva modificato ripetutamente il nome a dominio.

Differentemente, la pronuncia dei giudici milanesi, che ha avuto come obiettivo quello di inibire l’accesso al contenuto coperto da copyright, ha potuto impedire efficacemente o almeno scoraggiare anche le ulteriori consultazioni non autorizzate del materiale.

Così statuendo, il Tribunale ha seguito le indicazioni fornite sia dalla Corte di Giustizia europea (caso C-314/12, Telekabel) sia dalla Commissione UE che, con la Comunicazione sull’interpretazione della direttiva enforcement, del 29.11.2017, ha espressamente ammesso la piena liceità delle c.d. ingiunzioni “dinamiche”, ovvero “ingiunzioni che possono essere emesse nei casi in cui lo stesso sito web diventi disponibile immediatamente dopo l’emissione di un’ingiunzione con un indirizzo IP o un URL differenti“.

Precedenti

Diversamente, il medesimo Tribunale di Milano, nel noto caso “Mediaset Premium”, si era rifiutato di estendere l’ordine inibitorio ai siti alias non ancora esistenti, anche se il loro contenuto era identico, poiché ciò avrebbe richiesto una verifica circa liceità o meno del contenuto da parte del service provider, argomentando che l’attuale sistema legale non sembra consentire a una parte privata [internet service provider] di ricevere lo status di un organo permanentemente delegato dal giudice alla verifica circa la liceità o meno della condivisione di un determinato contenuto.

Nel caso contrario, l’ingerenza di detto fornitore di accesso nella libertà di informazione di tali utenti sarebbe ingiustificata alla luce dell’obiettivo perseguito”. (cfr. Sentenza C-314/12, Telekabel).

(Tribunale di Milano, ordinanza 27 luglio 2016, Mediaset Premium).

Conclusioni

Il tribunale nel caso Mondadori sembra andare oltre le conclusioni della precedente causa “Mediaset” a favore di una tutela più efficace per i titolari dei diritti (di copyright) in seguito ad un’interpretazione più ampia della responsabilità degli intermediari.

Allo stesso tempo, essa denota la crescente attenzione dei tribunali nazionali sulla necessità di ottenere misure efficaci per combattere la pirateria online.

Tuttavia, permangono i problemi che il precedente caso Mediaset aveva sollevato in merito ai metodi di esecuzione dell’ordine del giudice, poiché esso rilascia la valutazione sull’illegalità o meno del contenuto al service provider, relegando l’intervento del giudice alle ipotesi di disattesa da parte dell’ISP della richiesta di disabilitare l’alias.